Non si può fingere con se stessi di essere ciò che non si è
E’ un libro decisamente particolare, come si intuisce dal titolo e dalla copertina, e bellissimo. Per nulla scontato, ricco di colpi di scena, soprattutto quando il lettore è convinto che la storia sia finita e si chiede a cosa servano tutte le pagine che ancora ci sono.
La storia inizia con la presentazione di tre personaggi realmente orrendi, si potrebbe dire inquietanti, del tutto indipendenti l’uno dall’altro: Morta, Macabro e Scossa.
Li accomuna la loro assoluta e profonda solitudine, data dalla loro
evidente diversità, e anche una certa strana cura amorevole per
gli altri e per ciò che sta loro intorno, si potrebbe dire, un
desiderio buono.
Morta “badava alle tombe abbandonate. Le teneva pulite e tutto intorno ci piantava erbe aromatiche e fiori selvatici”. Macabro “quel mattino fu svegliato da un bombardamento più violento del solito .(…) Lui non voleva salvare se stesso, ma i piccoli amici. Mai e poi mai li avrebbe abbandonati” e anche Scossa “era gentile con tutti, perfino affettuosa, sempre pronta ad aiutare gli altri”.
E poi c’è Albein, “un genio disabile, meglio che niente, però che seccatura!”, che ha un padre, una madre e un amico coraggioso, Spizzo. Grazie ad una invenzione di Albein, i quattro ragazzi si incontrano e, pur colpiti dalla loro evidente orrendezza, i genitori di Albein li accolgono e si prodigano in tutti i modi per cambiare i ragazzi e renderli “normali”. Attraverso uno stratagemma, sembrano riuscirci ed è qui che il libro dovrebbe concludersi con un bel “e vissero tutti felici e contenti”.
Quando l’inganno viene scoperto, la reazione istintiva è di rendere la finzione più accurata. Ma il problema non è fingere con gli altri, il problema è che non si può fingere con se stessi di essere ciò che non si è.
I ragazzi troveranno finalmente la loro identità e il loro compito nella vita nel rapporto tra di loro e con una vera famiglia.
Autore Aquilino
Editore Giunti
Anno edizione 2010
Pagine 288 p., ill., rilegato